Osteonecrosi da bifosfonati

Aspetti generali

In seguito a ripetute segnalazioni in letteratura, a partire dalla seconda metà dell’anno 2003, ed ad una revisione dell’Office of Drug Safety dell’ FDA alla fine dell’anno 2004, è ormai accertata la possibilità dell’insorgenza di osteonecrosi delle ossa mascellari ( necrosi ossea avascolare mascellare) in pazienti sottoposti a chirurgia odontoiatrica che hanno utilizzato nei mesi o negli anni precedenti bifosfonati sia per via iniettiva che per os.

I bifosfonati più comunemente responsabili di tale patologia sono:

Zolendronato/ac. Zolendroico (zometa)

Pamidronato (aredia)

Alendronato (fosamax)

Risendronato (actonel)

Clodronato (clasteon)

Questi farmaci agiscono selettivamente sul tessuto osseo, perché inibiscono la funzione degli osteoclasti e sono somministrati in tutte quelle malattie dove c’è un’aumentato riassorbimento osseo: Le principali indicazioni all’utilizzo di bifosfonati sono:

le neoplasie maligne, frequentemente associate alle metastasi ossee (mieloma multiplo, cancro della mammella, carcinoma prostatico)

le osteoporosi di varia natura

la chirurgia ortopedica per stabilizzare i mezzi di osteosintesi

le terapie croniche con corticosteroidi

la malattia di Paget

gli iperparatiroidismi primitivi o secondari

I bifosfonati, più specificamente, agiscono inibendo la funzione degli osteoclasti, impedendone la migrazione, ne attivano l’apoptosi e ne diminuiscono l’emivita, pertanto riducono la loro attività di rimodellamento sull’interfaccia del tessuto mineralizzato.

E’ probabile che tali molecole, impedendo il fisiologico turn-over osseo con conseguenti microdanni strutturali, ne compromettano la vascolarizzazione riducendo i livelli dei fattori di crescita per le cellule endoteliali ed inibendo, quindi, la funzione di tali cellule e l’angiogenesi.

Sono, inoltre, farmaci che non essendo metabolizzati, mantengono alte concentrazioni a livello dell’osso per un lungo periodo di tempo. Non esistono dati in letteratura sulla durata della permanenza dei bifosfonati nel tessuto osseo, sugli effetti ischemici in rapporto alla posologia, se questi siano di natura cumulativa e se dipendano dalla durata del trattamento con bifosfonati.

Aspetti clinici

Si presentano spesso come focolai osteomielitici singoli o multipli, in sede mascellare o mandibolare ed insorgono frequentemente dopo un’estrazione dentaria o altra chirurgia odontoiatrica, anche se sono stati segnalati casi sporadici senza alcuna causa apparente.

Inizialmente appaiono come banali patologie infiammatorie alveolari ma sono refrattarie alle terapie sistemiche (antibiotici per via parenterale e orale) ed alle terapie antisettiche topiche e tendono progressivamente ad estendersi alle zone limitrofe.

Generalmente, i pazienti, in fase avanzata, mostrano un’esposizione a livello del cavo orale di tessuto osseo necrotico accompagnata da flogosi acuta o sub-acuta in atto che tende a migliorare in seguito a terapia medica per poi rapidamente recidivare. Le indagini strumentali (ortopantomografia, TC, RMN) mostrano una zona di rimaneggiamento osseo spesso di difficile interpretazione accompagnata in maniera quasi costante da una importante reazione periostale.

Oggettiva la difficoltà di valutazione tridimensionale del segmento osseo interessato. Il quadro clinico, modulato ovviamente dalla malattia sistemica del paziente, può essere completato dalla presenza di fistole a carico dei tessuti molli e da decadimento delle condizioni generali.

La terapia della osteonecrosi da bifosfonati consiste nella somministrazione di antibiotici sistemici a cicli, guidata o meno da indagini microbiologiche, irrigazioni locali di antisettici, associata a terapia antalgica. La chirurgia viene riservata ai pazienti sintomatici che non rispondono a terapia medica e viene considerata gravata da complicanze e recidive che rendono incerta la prognosi e riducono in maniera significativa la qualità di vita del paziente.

Gli odontostomatologi, alla luce delle attuali conoscenze, dovrebbero astenersi dal praticare terapie chirurgiche in pazienti trattati con bifosfonati. La prevenzione di tale grave complicanza sembra essere, attualmente, l’unica strada percorribile, in attesa di studi a lungo termine in campo clinico e maggiormente approfonditi in campo biologico che ci forniscano ulteriori informazioni.

Una visita odontoiatrica preventiva dovrebbe essere praticata in tutti i pazienti da sottoporre a terapia con bifosfonati per trattare le patologie odontostomatologiche in atto ed evitare successivamente terapie cruente.

I bifosfonati di ultima generazione sono ampiamente usati in oncologia e per altre malattie ossee come l’osteoporosi ed il morbo di Paget.

Questi farmaci sono stati introdotti , quindici anni fa circa e l’esperienza clinica risale a quasi dieci anni fa.

A seconda della situazione clinica e delle richieste dei pazienti, la somministrazione di questi farmaci può essere orale o endovenosa.

Questi farmaci inibiscono l’attività degli osteoclasti, inibiscono l’angiogenesi e una volta incorporati nell’osso sono degradati lentamente.

I bifosfonati sono farmaci estremamemente efficaci per le affezioni ossee nei pazienti oncologici contribuendo a migliorare la qualità di vita dei pazienti con metastasi ossee.

Per quanto concerne l’osteoporosi , la somministrazione precoce di questi farmaci riduce considerevolmente il rischio di fratture con conseguente riduzione della morbilità e dei costi medici.

D’altro canto i bifosfonati sono stati associati, recentemente, allo sviluppo di un’osteonecrosi avascolare delle ossa, una severa e ancora incurabile complicazione ossea.

La revisione bibliografica dell’argomento, evidenzia un’incremento esponenziale di tale patologia ancora poco conosciuta dai medici, negli ultimi tre anni con l’introduzione della nuova generazione di bifosfonati.

La malattia si presenta inizialmente come una lesione orale ulcerativa che non guarisce, con esposizione di osso necrotico, associato a sintomatologia algica localizzata all’osso o diffusa all’emivolto.

In accordo con gli studi più recenti, la patologia insorge da 1 a 3 anni dopo l’inizio della terapia.

Questa severa e iatrogena complicanza a carico dell’osso non guarisce, nonostante la terapia antibiotica, la sospensione del bifosfonato, ed il curettage (debridment) della ferita chirurgica.

Fino a questo momento, nessuna terapia è stata risolutiva per tale patologia.

Pertanto, la migliore strada per prevenire tale complicanza legata ai bifosfonati consiste nell’ identificare i fattori di rischio connessi all’uso di tali farmaci.

Attualmente, sono stati individuati tre maggiori fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo dell’osteonecrosi da bifosfonati.

I pazienti oncologici sono maggiormente interessati da tale patologia rispetto a quelli osteoporotici, i pazienti trattti con terapia e.v. sono maggiormente a rischio rispetto a quelli trattati per via orale e infine i pazienti con patologie dento-parodontali sono maggiormente inclini a sviluppare osteonecrosi durante la somministrazione di tali farmaci.

Il rischio è, infatti da relazionare al tipo e alla dose del bifosfonato utilizzato. Infatti i pazienti oncologici ricevono alte dosi endovenose di bifosfonati e sono perciò predisposti a sviluppare l’osteonecrosi.

In accordo con gli studi più recenti, durante la terapia con bifosfonati, una cattiva igiene orale, patologie parodontali ed in particolar modo le estrazioni dentarie incrementano considerevolmente il rischio per tale patologia.

Pertanto si raccomanda a tutti i medici ed odontoiatri di seguire queste semplici norme per ridurre l’insorgenza di tale grave ed incurabile patologia.

I pazienti per i quali si prevede una terapia endovenosa con bifosfonati dovrebbero essere sottoposti ad una visita odontoiatrica prima del trattamento.

Analogamente i pazienti da sottoporre a terapia con bifosfonati orali devono essere inviati ad uno specialista prima del trattamento in caso di:

· infezioni o ascessi dentari,

· estrazioni dentarie recenti

· elementi dentari mobili o cariati,

· cisti radicolari e denti del giudizio,

· protesi incongrue

I pazienti già in trattamento con bifosfonati che non presentano osteonecrosi devono essere sottoposti a visite odontoiatriche periodiche almeno due volte l’anno.

Inoltre è necessario informare i pazienti in trattamento, dei potenziali effetti collaterali di questi farmaci, istruendoli ad un’accurata igiene orale che riduce notevolmente il rischio di sviluppare tale patologia.

A differenza dei pazienti oncologici, dove la qualità di vita migliora notevolmente con la somministrazione dei bifosfonati; l’utilizzo degli stessi dovrebbe essere attentamente valutato per i pazienti osteoporotici che li assumono per prevenire fratture patologiche, in considerazione del grave rischio di sviluppare tale patologia. Dal momento che le aspettative di vita sono più elevate per questi pazienti anche basse dosi di bifosfonati dovrebbero, se possibile, essere evitate; infatti sono notevolmente aumentati in letteratura il numero dei casi di pazienti osteoporotici con osteonecrosi da bifosfonati. Se questi sono esempi isolati o casi che evidenziano un problema più ampio lo chiariremo solo nei prossimi anni.

In quest’ottica è di particolare interesse sapere che il primo caso di osteonecrosi non si è sviluppato a livello delle ossa mascellari, pertanto si è ipotizzato che l’osteonecrosi da bifosfonati possa essere una complicanza sistemica delle ossa.

Pertanto invitiamo i medici che prescrivono tali farmaci per l’osteoporosi di valutare attentamente i pazienti, di escludere patologie oro-dentarie e di limitarne l’utilizzo ai casi strettamente necessari

Gli odontostomatologi, alla luce delle attuali conoscenze, dovrebbero astenersi dal praticare terapie chirurgiche in pazienti trattati con bifosfonati. La prevenzione di tale grave complicanza sembra essere, attualmente, l’unica strada percorribile, in attesa di studi a lungo termine in campo clinico e maggiormente approfonditi in campo biologico che ci forniscano ulteriori informazioni.